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martedì 12 giugno 2012

#CesenaticoBellaVita... Una scommessa vinta

Eccomi qui, ora tocca anche a me dire due parole su questa fantastica esperienza vissuta dal mio arrivo venerdì 8 sera fino al rientro a casa domenica 11, in tarda serata.
Senza neanche volerlo fare apposta quanto ho vissuto in questi giorni rispecchia totalmente il titolo di questo blog: "The Happiness First" ovvero "per prima la felicità!!!".


Ero piuttosto scettico riguardo a quanto avrei trovato, mi aspettavo un atteggiamento ai limiti del servile da parte degli organizzatori, sempre una persona a disposizione al minimo schiocco di dita, il bicchiere sempre pieno e disponibilità infinita nel rispondere alle mie richieste. Arrivare, insomma, al propormi un gigantesco "markettone" per fare in modo che spendessi parole solo positive anche dove non fosse stato possibile.

Invece no!

Ingresso dell'Hotel Esplanade
Ho trovato gente schietta, diretta e sincera. Disponibile perché è nel loro DNA. In particolare mi riferisco agli amici dell'Hotel Esplanade che hanno avuto la pazienza di ospitarmi e anche al fantastico gruppo del Bagno Adriatico che ci hanno fatto sentire come se li frequentassimo da anni e poi Riccardo (@Merlinox) insieme a Mattia (@yykk) menti e braccia organizzatrici di #cesenaticobellavita.

Il Museo Galleggiante
Cosa abbiamo trovato? Sicuramente un qualcosa che va oltre lo stereotipo banale delle città della costa adriatica comprese tra Gabicce Mare e Cervia, non solo discoteche e parchi a tema ma anche storia vissuta dalla gente di Cesenatico fin dalla nascita della città ai giorni nostri. Una meravigliosa scoperta il Museo della Marineria, con la sezione galleggiante e i pezzi all'interno dello stabile museale; uno spaccato di vita, della dura vita del marinaio, ma anche le tradizioni di coloro che restavano a terra, dei patemi delle mogli, fidanzate e figli in attesa del ritorno dei loro cari dalle battute di pesca, commemorati da una statua posta all'imbocco di Porto Canale, in piazza Spose dei Marinai.

Altra cosa per me eccezionale è stata la possibilità di "occupare la stessa porzione di spazio" con alcuni tra i più conosciuti bloggers italiani ma anche Social Media Manager di altissimo livello e appassionati della Rete stracolmi di follower che sfornano tweet sempre attesi e mai superficiali. Tutto questo rapportato al mio fare parte della Rete come @FrankTheMats insieme a questo blog ovvero piccolo piccolo ma se confrontato con il nick con il quale mi ha presentato Riccardo aka @Merlinox ovvero @bancoalimentare qualche piccola soddisfazione me la posso prendere, scusate la "sbrodolata" :P

Monumento in Piazza Spose dei Marinai
Anche qui avevo qualche timore, ovvero di incontrare persone "con la puzza sotto il naso" che ti pesano in base alle "analitycs" e statistiche di qualunque tipo ma anche qui commettevo grossolano errore. Mi sono trovato al fianco di Amici e Amiche, non persone qualunque, perché nel giro di pochi attimi ci siamo messi a nostro agio senza alcuna preoccupazione. Altra sorpresa è stata quella di ritrovarmi con il mitico "Olmo" del Camera Caffé, al secolo Carlo Gabardini e scoprire che, oltre ad essere un "fuori di testa" con i controfiocchi (ovviamente è un complimento), abita poco distante dalla casa dei miei genitori a Milano, i casi della vita,

Il sabato è stato certamente un giorno pieno, abbiamo visitato il  Museo della Marineria , ricevuto il saluto di benvenuto dal sindaco Buda e poi una passeggiata lungo tutto il Porto Canale, alla scoperta della storia (Leonardo da Vinci e Giuseppe Garibaldi compresi), visitando reperti di vita quotidiana ottimamente conservati e un centro storico perfettamente ristrutturato e reso disponibile a tutti.
Il Bagno Adriatico
Al termine di questa passeggiata ci siamo ritrovati al  Bagno Adriatico dove, oltre ai titolari e lo staff, siamo stati accolti da un aperitivo e una cena veramente ottimi e per dirlo uno che non ama in modo particolare il pesce la dice lunga sulla qualità di quanto prodotto.
Per concludere in bellezza, un giro al Molo 95 è stato d'obbligo approfittando del tavolo riservato... emmenomale perché altrimenti non sarebbe stato facile entrarci.

Cosa altro dire... Solo che sono tornato a casa stanco nel corpo ma gasatissimo nella mente proprio grazie a quanto ho vissuto in questi due giorni.

Grazie agli Amici del consorzio Cesenatico BellaVita

Grazie a tutti ancora una volta, alla città di Cesenatico per averci ospitato senza inventarsi cose non sue solo per "farsi bella", al Sindaco Buda, a Riccardo, Mattia, gli albergatori che ci hanno ospitato e la città tutta che, anche senza sapere chi fossimo, ha dimostrato sempre professionalità e amore verso il turista.
Una menzione particolare a Betty dell' Hotel Esplanade che mi ha accompagnato in stazione con la golfcar  riuscendo a farmi arrivare puntuale al treno. E' stata una bella corsa, grazie Betty.
Per ultimi ma non per questo tali un caldo e caro saluto agli Amici e Amiche "nascosti" dietro i nick che ho avuto l'onore e il piacere di conoscere di persona attraverso questo evento.
@vivigeekitalia, @stailuan, @ricettexcucinar, @carlogabardini, @claudiovaccaro, @damiano_sestyle, @airdaveit, @davidelico, @ElisaCortello, @enrico_sestyle, @EZogno, @federchicca, @lafra, @gavello, @ilconte, @giorgiosoff, @gioska23, @gugliecornelli, @scarylalla, @luca_conti, @rosati_luca, @chemicalmarty, @cuocopersonale, @matteobianx, @alverde, @paciulina_blog, @puntlino, @merlinox, @skande, @rudybandiera, @wmsaver, @sarapepper, @sarataricani, @simonemoriconi , @towelcat, @Valuita, @Val3ri0

giovedì 2 giugno 2011

Twitter è inarrestabile: si integra con Firefox e apre a Photobucket

Twitter Address Bar SearchTwitter ha rivelato almeno una parte del progetto riservato alle fotografie di cui si è parlato molto in questi giorni. Il primo passo è la disponibilità di un’estensione per Firefox che abilita la ricerca di profili e hashtag dalla barra degli indirizzi del browser. È confermato il servizio di upload delle immagini conPhotobucket.
All’indomani del rilascio di un bottone per ilfollow, Twitter arricchisce l’esperienza sul web con una versione modificata di Firefox che integra l’Address Bar Search: è un add-on per effettuare ricerche nei tweet. Un’estensione più ricca e funzionale di un “semplice” motore di ricerca personalizzato per Firefox. Però non è tutto.
L’annuncio di Twitter Address Bar Search, l’estensione per Firefox, include un aggiornamento sulle fotografie: gli sviluppatori confermano l’imminente disponibilità di un sistema per caricare immagini su Twitter grazie a Photobucket. Nelle prossime settimane l’interfaccia web e le applicazioni mobili permetteranno l’upload di foto.
Fonte: Federico Moretti per Download | blog.it via Mozilla

martedì 31 maggio 2011

Un semplice "please ReTweet" genera fino a 4 volte in più di ReTweets


Una interessante ricerca che merita una lettura attenta e una riflessione. Quello che mi stupisce è la capacità della scrittura per esteso del "Please ReTweet" nell'essere maggiormente efficace del più compatto "Please RT", più logico visto il limite dei 140 caratteri. Forse ci stiamo stancando delle sigle ed abbreviazioni? Magari stiamo reimparando a scrivere normale senza usare il "linguaggio SMS" spesso assai fastidioso da leggere ed interpretare. Tutto questo a scapito, magari, di un tweet fatto bene ma con scarso appeal per la massa che viene comunque ReTweettato ma in misura decisamente minore. Buona lettura.

News data proves "please ReTweet" generates 4x more ReTweets

For some time now, I've had data that has shown that including "Please ReTweet" in tweets works, but I've gotten some questions recently that made me really want to put forward the most conclusive evidence I could find to address this point.
Therefore, I gathered a statistically significant sample set (see below for confidence intervals) of more than 10,000 tweets that did not start with an "@" sign, and I did some analysis.
First, I looked at the percentage of tweets that were retweeted and found that 51% of tweets that included "Please ReTweet" were retweeted more than once, 39% of those including "Please RT" were retweeted more than once, and only 12% of tweets that included neither were retweeted more than once.
This data shows, with 99% confidence, that tweets including either "Please ReTweet" or "Please RT" are more likely to get retweeted than tweets without those phrases. I've listed the plus-or-minus ranges below to a 90% confidence interval so you can see just how significant this data is.
please retweet binary
Then, I looked at the number of times the tweets in my sample were retweets, and what I found was a little surprising.
As I said, tweets that included either "Please ReTweet" or "Please RT" generated more retweets than tweets that didn't use those phrases. Surprisingly however, "Please ReTweet"-containing tweets were retweeted 20.9 times on average, whereas "Please RT"-containing tweets had an average of only 6.1 retweets. Tweets including neither phrase returned an average of 4.2 retweets.
The graph below shows the distribution of retweet counts for each of the three tweet types and shows that "Please Retweet" gets far more retweets than "Please RT" does.
please retweet dist
What do you think this data means? Will you start including "Please ReTweet" in your tweets to generate more retweets?

Fonte: Dan Zarrella via Hubspot Blog

Twitter e la comunicazione col cliente: se mi rispondi, io acquisto

twitter
Ascoltare i propri utenti e consumatori è sempre una tecnica che premia e uno studio lo conferma, in particolare per quanto riguarda Twitter. Una ricerca condotta da inboxQ analizza il rapporto di 2049 utenti di Twitter con alcune compagnie presenti sul servizio di microblogging. Il 64% degli intervistati si è detto disposto ad acquistare servizi/prodotti con le aziende con cui ha avuto contatto diretto tramite Twitter. Il 24% degli utenti ritiene invece che la comunicazione tra le parti non influisca sulla decisione d’acquisto, mentre un 12% risulta totalmente refrattario anche ai brand più comunicativi e trasparenti.
La maggioranza degli utenti dichiara di seguire solo le compagnie che rispondono nel caso in cui vengano citate: se un brand decide di essere presente anche Twitter deve riuscire a mostrare l’aspetto “umano” e comunicativo dell’organizzazione, avvicinandosi al cliente. Gli account che si limitano a condividere feed RSS stentano a decollare: l’utente cerca interazione e risposte.
Diverse multinazionali hanno commesso l’errore di rispondere solo a follower famosi o rilevanti, dimenticando l’utente comune. Questo tipo di atteggiamento non paga: l’utente messo da parte è un utente perso. Su Twitter le compagnie smettono di essere colossi enormi, diventano un’unico soggetto disposto a discutere, condividere, scherzare e dare informazioni.
Fonte: Claudia Santini per Download | Blog.it

Dal Social Network al Social Circle

Social Circle
Qualche giorno fa parlavo della fine dell’era dei social network e subito dopo, quasi fosse un segno, Blippy ha cessato l’attività.
Blippy ha fallito perché non ha compreso cosa vuol dire essere social. Hanno fatto un prodotto che condivide gli acquisti fatti tramite carta di credito. Hanno basato il modello sul “tutti amici, tutto condiviso”.

Questo sarà un mantra dei social fino a quando Facebook e la sua era arriveranno al termine. Nel frattempo i siti che seguiranno questo modello falliranno, come è stato per Blippy, Ping o Google Buzz.
Non sto dicendo che la gente smetterà di condividere ogni pensiero, foto o link: la gente ama la liberà di espressione. Facebook, Twitter e LinkedIn vanno bene perché costituiscono le fondamenta del social web. Sono l’elenco telefonico della nostra società, svolgono una funzione necessaria. Negli ultimi 5 anni c’è stata l’ascesa dei social network come “piattaforma ai pubblica utilità”. Ora stiamo invece entrando in una nuova era, che si focalizza sulla condivisione all’interno di gruppi di persone selezionate. L’era del Social Network è terminata, e sta iniziando quella del Social Circle.
Per meglio spiegare i fatti, faccio l’esempio delle feste di compleanno.
Quando un bambino della scuola materna fa una festa di compleanno invita tutta la classe, formata da individui che non si sono mai incontrati. E non si conosceranno davvero se non parecchi anni dopo, quando si svilupperanno amicizie che costituiscono la base di una catena di inviti, dove una persona invita l’altra, e quindi un’altra.
I social nework sono come questo tipo di compleanni. Anziché essere formati da “amici”, sono contenitori di persone di cui si conosce l’esistenza. Ci si connette con tutti perché gli strumenti non sono stati sviluppati per creare social circle più complessi, che rendono le relazioni più adulte e mature. Ed ha senso che l’evoluzione dei social digitali segua lo stesso percorso che noi facciamo in quanto esseri umani.
I Social Network sono caratterizzati da “tutti amici, tutto condiviso”. I Social Circle invece da “gruppi dinamici, condivisioni selettive”.
I Social Circle sono focalizzati sui gruppi, che si basano sulle reali relazioni di una persona. Questi gruppi si modificano dinamicamente per includere nuovi amici più vicini ed escludere quelli che diventano più lontani. La parola “amici” assume un significato uguale a quello dato nel mondo reale, ovvero un gruppo di persone con i quali si hanno legami stretti. I contenuti sono condivisi selettivamente con le persone più affini, rispecchiando l’intimo rapporto di amicizia presente nella vita reale.
Qualcuno obietterà che i Social Network permettono già questo tipo di interazione. Io penso di no, e voglio provartelo.

Ho avuto più volte conversazioni simili nell’ultimo anno:

Io: Usi un servizio di check-in?
Loro: No
Io: Perché?
Loro: Non voglio far sapere a NESSUNO dove mi trovo
Io: Ma non devi mica farlo sapere a tutti, basta aggiungere solo i tuoi contatti più stretti come amici
Loro: Non funziona. Uso Facebook e ricevo richieste di amicizia da persone che non ho mai incontrato, mi sento in colpa, e quindi li accetto

Quando le persone parlano di privacy circa i loro check-in, non è che non vogliono che NESSUNO sappia dove sono, vogliono solo che non TUTTI lo sappiano. Il problema è la mancanza di strumenti per creare gruppi dinamici e intimi, con i quali effettuare le proprie condivisioni. Risolto questo problema, ci sarà un enorme incremento degli utenti mainstream.
Facebook ha alcuni strumenti per la gestione dei gruppi di amici: non funzionano perché si basano sull’idea che sia l’utente a dover curare questi gruppi. Ma gli utenti non faranno mai il lavoro necessario a costruire un Social Circle, così come non sono selettivi quando accettano le amicizie in un servizio di check-in.
Risolvere questo genere di problema è molto difficile. Se vuoi sapere perché Path (11,2 milioni di dollari di finanziamenti) e Color (41 milioni) sono stati in grado di raccogliere così tanti soldi è perché hanno puntato a risolvere questo problema. Gli investitori hanno scommesso che se c’è qualcuno che potrà riuscire a risolvere qualcosa di così difficile, potrà essere uno di quei 2 team.
Per quanto mi riguarda, sono disposto a scommettere su qualcuno disposto a lasciar perdere “tutti amici, tutto condiviso” e che invece punti a “gruppi dinamici, condivisioni selettive”. Come per la storia dell’uomo, prima o poi arriva il momento di crescere.

Fonte: Tagliablog, liberamente tradotto da The End Of The Social Network Era, The Rise Of The Social Circle Era, di Jason Schwartz.

venerdì 27 maggio 2011

So cosa stai facendo e dove sei. Paura, eh?


Se ti chiamassi al telefonino e ti dicessi “So cosa stai facendo e dove sei. So cosa hai fatto 5 minuti fa. Conosco il nome del tuo amico/marito/amante ecc.” e cose di questo tipo come la prenderesti?
Eppure, dal numero di cellulare al posto in cui ti trovi, sei tu che me lo hai detto. Non proprio a me, certo. Inconsapevolmente (o consapevolmente?) lo hai detto al mondo anche se non l’hai detto a me.
Ci metto 5 minuti a capire chi sei, dove sei, cosa stai facendo.
So anche che odi il tuo capo, se è per questo. Credo lo sappia anche lui.
Come?
Sono notizie che hai diffuso tu. E io le apprendo, come chiunque arrivi a leggerle, grazie ai tuoi canali social e grazie al fatto che non ti sei mai preoccupato/a di andare a vedere come funzionano le impostazioni di privacy di ogni servizio che utilizzi.
Vi posto un video con il talk di Tom Scott (http://tomscott.com) tenuto all’Ignite London 4 in cui passa in rassegna i social più utilizzati (Facebook, Twitter, Foursquare, Youtube ma anche Wikipedia) e i relativi comportamenti degli utenti che non conoscono le impostazioni di privacy e che di conseguenza non le usano, lasciando tutto praticamente pubblico.
Account Twitter pubblico: tutto finisce in pasto ai motori di ricerca e non solo a loro, a chiunque voglia curiosare.
Le impostazioni di privacy di Twitter sono semplicissime. Account pubblico o Account Privato. Non è colpa di Twitter, in entrambi i casi, di quello che ci scrivi tu sopra. Una volta Twittato, è pubblico. Se hai l’account protetto, non è pubblico per tutti, lo è comunque per i tuoi follower.
Account Foursquare e check-in: i ladri ringraziano. Sanno quando sei in casa e, soprattutto, quando non ci sei. Sanno dov’è casa tua quando tu sei altrove. Sanno anche, eventualmente, chi c’è con te se avete fatto check-in insieme.
La gestione della Privacy in Foursquare è buona. Puoi proteggere i check-in, puoi non farli vedere. Se so dove sei ogni momento è perchè tu lo stai dicendo in pubblico, non per colpa di Foursquare. O perchè chi è con te, ha fatto check-in scrivendo che è in tua compagnia.
Anche Youtube ha impostazioni per la privacy, ma nessuno sembra utilizzarle.
Quanti video vengono caricati su Youtube ogni giorno, girati dai telefonini, anche solo per cazzeggio, senza tag e senza nome dei coinvolti?
In quanti video potremmo essere presenti e nemmeno lo sappiamo?
Wikipedia è interessantissima. Traccia anche gli utenti anonimi, figurati quelli con account. Per cui, volendo, si risale alle modifiche che tu hai fatto e su quali pagine e perchè. Da questo, converrai, ottengo anche informazioni su di te, i tuoi gusti, le preferenze, ecc. Dimmi di che voce Wikipedia ti occupi e ti dirò chi sei.
Facebook, ovviamente, anche tu sei su Facebook. Facebook ha tantissime impostazioni per la gestione della nostra privacy. L’ho scritto più volte. Forse troppe e non immediate per l’utente medio.
Peccato che queste impostazioni privacy non le usiamo, ne usiamo solo alcune o peggio non le utilizziamo proprio. Infatti, non è a caso che, di default, sia praticamente tutto pubblico su Facebook. Sta a noi chiudere i rubinetti che vogliamo chiudere.
La gente non ha idea di avere un profilo Facebook che è pubblico fino a che non ci metti mano.
Su Facebook ci inseriamo nome e cognome, mail e telefono, indirizzo e luogo di lavoro, relazioni e familiari…e molto, molto altro. Informazioni disponibili, quante ne vogliamo. Su chi vogliamo.
Capito come faccio a sapere dove sei, cosa fai, con chi sei?
Ora, come alla fine del video di Tom Scott (http://tomscott.com) sai che faccio? Vengo sul tuo profilo Facebook a prendere un po’ di appunti: dove vivi, cosa hai fatto poco fa, con chi sei, il tuo compleanno, l’indirizzo, il nome di… si certo, anche quello, ecc. e ti telefono. Ovviamente il tuo telefonino è visibile sul profilo, no?
Paura eh?
Scherzi a parte: attenzione alle impostazioni di privacy dei vostri account sui social network. Non mi stancherò mai di ripetervelo.

Fonte: da catepol via Tom Scott.

sabato 21 maggio 2011

Il giornalismo nell’era di Twitter



Fonte: Il Tagliaerbe - Tagliablog

Da quando ho iniziato a lavorare in Sky News nel 2009, ho fatto il produttore e il vice-caporedattore su un’ampia gamma di notizie nazionali e estere. Entrambi i ruoli necessitano di tutte le competenze del giornalismo tradizionale: capacità di scovare le notizie, martellare al telefono, bussare alle porte e parlare con la gente.

Tuttavia, col passare del tempo, il lavoro di giornalista ha significato adeguarsi all’emergere dei “nuovi media”, e in particolare dei social media. All’inizio il mio uso dei social media era limitato a postare foto che facevo la notte su Facebook; Twitter non era all’interno del mio “radar”. 5 anni più tardi le cose sono cambiate radicalmente. Twitter è diventato una parte fondamentale del mio lavoro (e le mie impostazioni della privacy su Facebook sono ora molto, molto più restrittive).

Lavorare presso la redazione di una testata di news internazionali comporta il monitoraggio, filtraggio e gestione delle priorità di una grande quantità di informazioni. Devi spaziare fra flussi di immagini, di notizie, di email e ovviamente di report che i tuoi giornalisti inviano dal campo. I social media hanno aggiunto una nuova dimensione a quello che faccio.

Trovo che Twitter sia come un flusso di lanci d’agenzia, con la differenza che ora posso interagire con questi. Ho trovato dei benefici nell’interazione e nel diventare noto come uno che posta velocemente delle breaking news: ora i miei follower sono diventati per me un nuovo servizio cruciale. Mi capita spesso di ricevere dei tweet del tipo “hai visto questo?” o “controlla la timeline”, e questa interazione si è rivelata preziosa, portandomi ad essere in prima linea su diverse notizie di un certo spessore.

Interagisco e monitoro costantemente su Twitter più di 2.000 fonti, oltre a una serie di liste, e ciò non è facile, ma non c’è altra scelta se voglio lavorare in questo ruolo e in questo settore nel 21° secolo.

Twitter mi fornisce tutto, dalle piccole dritte alle dichiarazioni ufficiali, la maggior parte delle quali arrivano su Twitter prima che altrove. Non c’è dubbio che Twitter è al momento il modo più veloce per pubblicare e diffondere informazioni. Tuttavia io non mi definirei un social media journalist, e non credo che i social media siano l’unico futuro delle notizie.

La natura dei social media è di diffondere notizie rapidamente, ma anche di fare da cassa di risonanza al rumore. Un recente tweet sulla morte di Margaret Thatcher è solo uno dei tanti esempi di falsa diceria che si è diffusa a macchia d’olio. La cosa interessante è che, quando questi rumor esplodono, la gente guarda ai vecchi giornalisti per conoscere i fatti.

In definitiva, siamo ad un punto in cui i giornalisti han bisogno dei social media tanto quanto i social media han bisogno dei giornalisti. Le persone vogliono notizie in tempo reale, ma vogliono anche sapere cos’è vero e cos’è falso. I giorni un cui un giornalista era solo dentro uno schermo TV, una voce alla radio, o il nome su una pagina, sono finiti: ora dobbiamo essere parte della conversazione.

Liberamente tradotto da The new journalism is working with 2,000 sources, di Neal Mann.