venerdì 22 giugno 2012

Non sprecare. Ricercatori italiani reinventano, per la seconda volta, la plastica

Queste sono le scoperte esaltanti, ovviamente che passano sottotraccia, che fanno aprire il cuore. Una realtà italiana, dei non-scienziati nel senso più puro del termine.

La curiosità e la voglia di cambiare, la certezza che si possa fare meglio per noi stessi, umanità malata ed avariata, e per l'ambiente globale anche in considerazione che la maggior parte delle apparecchiature elettroniche, fatte con la plastica tradizionale, vengono portate per essere distrutte in Cina ed Africa.

Complimenti a Marco Astorri e Guy Cicognani che, grazie alla loro voglia di crescere e migliorare hanno avuto il coraggio di riprendere brevetti "dimenticati" adattandoli alle possibilità del giorno d'oggi.

Di seguito l'articolo apparso su Repubblica.it nella sezione Scienze, scritto da Riccardo Luna.Per ovvi ed evidenti motivi di copy, l'articolo intero si potrà leggere direttamente sul sito Repubblica.it. Buona lettura e orgogliosi della nostra italianità.

[...] "LA COSA più buffa di questa storia è che io non sono uno scienziato e nemmeno un laureato in chimica. Sono soltanto un grafico pubblicitario che un giorno si è detto che doveva esserci un altro modo per fare la plastica. Un modo che non inquinasse il pianeta per migliaia di anni. Allora sono andato su Internet a cercare fino a quando quel modo l'ho trovato". Questa è la storia di una rivoluzione fatta in casa, scoperta per caso e destinata forse a cambiare le cose.

Gli oggetti della nostra vita. L'artefice si chiama Marco Astorri, ha 43 anni, tre figli, una pettinatura che lo fa assomigliare al protagonista muto di The Artist e un'azienda che sta facendo discutere il mondo: la BioOn sta a Minerbio, a 40 minuti da Bologna. Da qualche mese ogni settimana c'è una processione infinita verso questo misterioso laboratorio in mezzo ai campi: bussano i capi delle grandi multinazionali della chimica, ma anche i produttori di telefonini, personal computer e televisori, componenti per le automobili. Insomma tutti quelli che fanno prodotti usando la vecchia plastica. 


Vengono, ascoltano, guardano le ampolle piene di misture dolciastre, i fermentatori di metallo riflettente. Poi spalancano gli occhi e la domanda che si fanno è: possibile che questo scienziato-fai-da-te, questo hacker con la scatola del piccolo chimico sotto il braccio abbia trovato la formula magica per farci vivere davvero "senza petrolio" (il petrolio, com'è noto, è la base di tutte le plastiche e l'origine dei problemi a smaltirle dato il suo tasso terribilmente inquinante, vedi la diossina)?

Ebbene sì, è possibile, perché è esattamente quello che sta accadendo. La storia inizia nel 2006. E inizia naturalmente con un pezzetto di plastica. Anzi con migliaia di pezzetti di plastica. Sono gli skipass che gli sciatori lasciano distrattamente in mezzo alle neve a fine giornata. Solo che poi in primavera la neve si scioglie, gli skipass no: quei pezzetti di plastica restano a inquinare l'ambiente per una vita, anzi per migliaia di anni. Marco Astorri e il suo socio francese Guy Cicognani di quegli skipass sono in un certo senso colpevoli, visto che li producono. Per la precisione, realizzano le micro-antennine che aprono i tornelli (Rfid). [...]

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